martedì 31 marzo 2015

SI SALVI...CHI PUO'...

Salvarsi dalle proprie prigionie
Per carità…sarà pure accattivante e romantica l’idea della persona che arriva e ti salva...ma, personalmente, non credo molto alla funzione “salvifica” l’uno dell’altro; meglio integrarsi nelle gioie e nei dolori reciproci che compensarsi nei vuoti.
Quando la molla che fa avvicinare due persone è uno stato di bisogno, la storia nasce su un presupposto assai precario e fragile. E’ come iniziare a costruire un palazzo su un terreno argilloso.
Il film “Nessuno si salva da solo” non mi trova d’accordo nell'assunto che il titolo vorrebbe suggerire. Io lo avrei trasformato in “nessuno salva nessuno”. Non si dovrebbe investire chicchessia di questa responsabilità che compete solo a chi vive la sua vita.
Il sentimento Vero può fiorire su terreni sani, in cui sia stato già compiuto un lavoro di bonifica, in cui si siano già estirpati parassiti e radici malate. Un lavoro impegnativo che ogni essere umano dovrebbe affrontare nella piena autonomia e unicità del suo percorso. Solo così ci si avvicina all'altro in virtù di una scelta consapevole e non di uno stato di bisogno che difficilmente può reggere le prove, già di per sé impegnative, di una condivisione quotidiana.  
Quella tra i protagonisti, a me personalmente, non è mai parsa “una Grande storia d’amore”…ok li univa il sesso (fino ad un certo punto, poi manco quello…) e su questa illusione ormonale hanno fondato una pseudo storia.
Nemmeno il fatto di fare figli li ha resi due anime affini. Del resto procreare non è necessariamente sinonimo o garanzia di creazione di Amore.
Delia e Gaetano, quando si sono incontrati, erano due persone bisognose e si sono subito presi (“presi”, non scelti. Lontana da loro, in quel momento, ogni barlume di consapevolezza). Secondo il mio parere, è solo dopo aver fatto a pezzi una storia meramente sessuale che si sarebbe potuto intravedere un possibile germoglio di storia tra due persone che, disinnescati gli artifizi di due corpi piacevoli e di due anime affamate, iniziano a vedersi davvero per come sono.
I temi “crisi di coppia-anoressia-fardelli generazionali”,  si rivelano solo abbozzati, passati in secondo piano rispetto ad una rappresentazione carnale e un po’ troppo superficiale per riuscire a far percepire allo spettatore la profondità e l’oscurità di queste tematiche.
Sul personaggio di Delia si percepisce un simbolo di speranza, di guarigione, di evoluzione soltanto alla fine del film quando in una scena, arrendendosi al fatto di avere fame, riconosce un suo bisogno e si nutre da sola, laddove in una scena iniziale l’avevamo vista passiva, assente, farsi nutrire da lui con un bignè strabordante di crema.
Accorgersi del dolore di una persona ammalata di anoressia non significa semplicemente imboccarle del cibo. Il rifiuto, in quei casi, non è solo un banale capriccio. Ma gli autori preferiscono non addentrarsi in questo tema. Si limitano a rappresentare una reazione scontata. Mettono in scena uno stereotipo. E non discuto l’abilità registica o la bravura nel rappresentare la superficialità. E’ solo che da grandi registi e sceneggiatori mi aspetto sempre quel guizzo di coraggio in più. Ma è un problema mio. Di aspettativa. Un regista, un autore, non sono certo messaggeri inviati direttamente da Psiche e Amore. ;-)
Chiusi e imperterriti nei ruoli interscambiabili di “vittima”/ “carnefice”, “affamata”/“saziante”, Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca hanno interpretato, con credibilità e notevole abilità l’apologia di un declino sentimentale, offrendo un esempio, pur banale, di come sia facile lo sgretolamento di mura erette su fondamenta impervie e immature.

Per contrasto, dopo un film così impegnativo, vi propongo una ricetta molto semplice, che racchiude nella sua freschezza, il sapore della primavera ormai alle porte. E’ stata l’estate scorsa, nel meraviglioso Salento, che ho scoperto la soddisfazione che anche un piatto estremamente semplice può dare, soprattutto se gustato sotto le stelle, una notte di luglio, in una veranda in riva al mare, dopo aver digerito la cena inerpicandosi a piedi  fino al faro di Leuca.

Scorcio del faro di Leuca 
Frisellina mediterranea

Ingredienti:
-          Friselline di farro integrale
-          Pomodorini datterini o ciliegino
-          Olio evo, un pizzico di sale
-          Basilico e origano essiccati
-          Ciotola con acqua per l’ammollo delle friselle

  
Spezzettate i pomodorini, riunitili in una ciotola e conditeli con olio extra vergine di oliva, sale, origano e basilico.
Mettete dell’acqua in una ciotola. Ammollate le friselline (non troppo e non troppo poco) e guarnitele con i pomodori conditi.
Data l’essenzialità della ricetta, è d’obbligo in questi casi la qualità delle materie prime che deve essere eccelsa (olio buono, pomodori idem). Risparmiamo caso mai su una borsa o un paio di pantaloni, ma non sul cibo, un dono che ingeriamo ogni giorno, più volte al giorno ;-)


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