venerdì 18 maggio 2012

HUNGER GAMES

IL TITOLO e' "GIOCHI DI FAME"...(non c'entra niente con le ricette...ma...ogni tanto, lo sapete, mi piace appendere i mestoli al chiodo e darvi cronaca anche di altro...;-)

In linea di principio, non sono un’amante delle saghe alla “Harry Potter” o alla “Twilight”, tanto per intenderci.  E nemmeno mi affascinano più di tanto quegli eventi televisivi, editoriali o cinematografici, preceduti da un parlare eccessivo e che vengono annunciati come “fenomeni” o “eventi cult”. In questi casi, mi sembra che si tenda a srotolare un tappeto troppo lungo e troppo rosso per introdurre prodotti di mero intrattenimento, alimentando un’aspettativa esagerata rispetto al contenuto di ciò che si va a proporre. In genere sono specchietti per allodole adolescenziali o traino per campagne pubblicitarie ed operazioni di marketing e spesso la confezione vale più della sostanza. Detto questo, e con buona pace della coerenza rigida e snob, sono andata a vedere “Hunger Games”, versione cinematografica del primo libro della omonima trilogia di fantascienza della scrittrice americana Suzanne Collins.
Prima di accennarvi la trama, dico subito che, a parer mio, assolutamente personale, le premesse di cui sopra ben valgono anche in questo caso: una discussione esagerata antecedente l’uscita del film rispetto al prodotto in sé, tanti luoghi comuni del genere action, una pennellata di patetismo qua e là, vicende tanto gonfiate negli effetti quanto carenti di sviluppo e struttura. Eppure, eppure…nonostante questo c’è un qualcosa dietro la narrazione di queste avventure, in grado di mantenere accese l’attenzione e la curiosità fino alla fine. Il film riesce ad attivare quel meccanismo del “vediamo dove va a parare” che ti tiene comunque vigile, attento, ti fa entrare nella scena, nonostante la ritrosia di chi, come me, magari si è recato alla proiezione con uno spirito alquanto scettico. Questo è dovuto in buona parte al ritmo veloce, avvincente, alla vastità degli scenari riprodotti e agli innumerevoli spunti di riflessione suggeriti. E proprio a tal proposito esce fuori, secondo me, la pecca: quella di buttare sulla scena tante tematiche, nessuna delle quali viene però penetrata e sviscerata fino in fondo. Al di là della vicenda avventurosa di un gruppo di ragazzi che lottano tra loro per la sopravvivenza, in questo film tutti i risvolti emotivi vengono accennati e non sviluppati. Il film mostra, ma non svela; aggredisce, ma non si sa con quale arma lo voglia poi effettivamente fare; polemizza, ma non ha il coraggio di sostenere tesi opposte a ciò che vorrebbe denunciare.
La dimensione e le atmosfere sono da post-apocalisse. Ci troviamo a Panem, una terra sorta sulle ceneri di quello che un tempo fu il Nord America, e posta sotto un rigido governo con sede a Capitol City. Ogni anno, per scontare un precedente tentativo di ribellione dei dodici distretti contro lo status quo di Capitol City, un ragazzo e una ragazza di ogni distretto, di età compresa tra i 12 e i 18 anni vengono prescelti come “tributi”, nel corso di un folcloristico quanto brutale sorteggio capitanato da una strega bizzarra e colorata (che ci rimanda ai personaggi più eccentrici di Tim Burton) e preceduto dal motto “E possa la fortuna sempre essere a vostro favore”, recitato con composto cinismo e gretta ipocrisia. Dopo la fatale estrazione, i tributi sono obbligati a partecipare agli “Hunger Games”, un evento televisivo (raffigurazione dei moderni e pruriginosi reality show), durante il quale dovranno combattere sino alla morte, poiché uno solo tra loro può sopravvivere. Così devono lottare in primis uno contro l’altro e poi contro la fame, la sete, la forza della natura e intemperie di ogni tipo.
La sfida mortale dei ventiquattro rappresentanti dei distretti (che rappresentano la parte povera, miserabile, sommersa e grigia del territorio) è seguita attraverso improbabili maxischermi e con le più avanzate (e oggi inimmaginabili) tecnologie  dagli abitanti di Panem, vestiti, truccati e dalle sembianze sfarzose, eccentriche ed alquanto kitsch. Ogni tanto, nel corso dello show, riecheggia, attraverso altoparlanti, la voce del “sistema”, che detta le regole dello show, spara colpi di cannone ogni volta che un ragazzo perisce, fa intervenire paracaduti di salvezza a chi se lo merita o invia belve brutali per ravvivare una trama come fossero strategie per impennare l’audience di un programma che rischia di diventare banale.
La protagonista del film è la sedicenne Katniss (una brava e superba Jennifer Lawrence), una ragazza orfana di padre proveniente dal Distretto 12, che si offre volontaria alla 74ª edizione degli “Hunger Games” per salvare la propria sorella minore.
E’ una tipa tosta, dotata di coraggio, di rara abilità nella caccia, nell’uso di arco e freccia e con una forza di carattere e determinazione almeno pari (se non superiore) all’amore che nutre per gli affetti familiari. E’ l’eroina invincibile, impenetrabile, imperscrutabile, che tutto riesce a gestire, dai sentimenti provati (e ben mascherati) fino al procacciamento di cibo negli impervi sentieri di un bosco. Lei, la gara, vuole vincerla, non tanto per se stessa, quanto per poter tornare dalla sorella e continuare a prendersi cura di lei, onorando quella responsabilità tenace che una madre troppo fragile non riesce ad assumersi, dopo la morte del marito.
L'altro partecipante proveniente dal Distretto 12 è Peeta, un giovane che Katniss conosce da sempre, più debole, fragile, che pare più rassegnato alla morte che all’impossibilità di amare Katniss. Infatti lei, nonostante gli salvi la vita e si presti, anche in virtù di questo, a ricambiare il suo amore in diretta tv per guadagnarsi il consenso del pubblico, si intuisce che, in realtà, è innamorata di un altro ragazzo, al quale ha affidato la sorella, prima di imbarcarsi nell’avventura mortale. Comunque tutto il vissuto emotivo resta sospeso tra le righe.
E così segui il film con la speranza che ci sia uno sviluppo della storia in grado di creare una contrapposizione a tutta la crudeltà manifestata nel corso degli “Hunger Games” e invece, proprio quando ti aspetti un epilogo della narrazione e un rincontro/confronto dei vari personaggi (per coglierne una trasformazione interiore a seguito di una così brutale esperienza), finisce che scorrono i titoli di coda… ma del resto è una trilogia…!! (…mi do da sola la risposta alla mia delusa aspettativa…)
The show must go on…and the “Hunger Games” too.


2 commenti:

  1. Ciao Terry :) concordo pienamente col tuo pensiero iniziale (non con quello centrale per il semplice fatto che non ho visto il film)... ma posso assicurarti che la vediamo alla stessa maniera!
    Troppo spesso sopra i film ci ricamano brillanti, diamanti ed esaltazioni varie che tutto fanno presupporre fuorché l'avvento di un capolavoro senza precedenti!
    Dietro tutto quel fumo c'è quasi sempre la solita americanata priva di contenuti.
    Certamente saprà tenerti col fiato sospeso, saprà farti venire la curiosità di vedere il seguito... ma poi a conti fatti il risultato è un tantino deludente!
    Fortunatamente ciò non vale per tutti i film... e, comunque, ogni critica è lasciata al gusto personale. A me, ad esempio, è piaciuto tantissimo Il Signore degli Anelli, per citarne uno!

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  2. Grazie Marco per il passaggio!..del Signore degli Anelli ho tentato di vedere solo il primo...ma a metà ho ceduto...per fortuna che il gusto, nei films come nei piatti, è qualcosa di assolutamente personale...buona giornata

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