venerdì 16 marzo 2012

"CULINARIA"


Oggi voglio lasciare appesi al chiodo mestoli, forchette e il grembiule da “cuochina” e raccontarvi l’esperienza che ho vissuto domenica 11 marzo presso “Culinaria – Il Gusto dell’Identità”, un evento gastronomico giunto quest’anno alla sua settima edizione e che ha come leit motiv “la qualità”, riferita ai prodotti utilizzati dagli chef e dagli addetti alla ristorazione/distribuzione. La manifestazione si è svolta in tre giornate, è stata farcita da congressi, dimostrazioni, degustazioni, e condita dall’entusiasmo degli chef che vi hanno preso parte e dalla curiosità dei partecipanti (esperti del settore o semplici appassionati di cucina).
Gli spazi espositivi sono stati quelli della Coldiretti di Campagna Amica di Roma, posti nella splendida cornice di Via San Teodoro, adiacente al Circo Massimo e a pochi passi dall’affascinante Bocca della Verità.
Su questo scenario si è svolto, nel corso dei tre giorni di Culinaria, un dialogo ideale tra produttori, chef e consumatori. 
Appena arrivata, ho fatto un giro veloce per capire “dove mi trovavo”; poi, in punta di piedi, ho preso coraggio, mi sono avvicinata agli stand e mi sono lanciata in due piccole degustazioni (un pezzetto di crostata alla marmellata di zucca alla vaniglia, e un biscotto cantuccio artigianale). Ho poi gustato un caffè espresso di notevole qualità, preceduto da un bicchiere di acqua minerale di altrettanto valore e prestigio.
Poi, verso le ore 14.00, sono approdata in un bosco incantato.
Proprio così: entro all’interno di uno stand dove il pavimento è un manto erboso (vero), le pareti sono rivestite di piantine aromatiche, le sedie e il tavolo dello chef consistono in pezzi di tronchi d’alberi.

Il “folletto del bosco” (per quel pomeriggio) è un giovane chef dallo sguardo vivace e dalla folta chioma: dall’opuscolo, che mi è stato consegnato all’ingresso, scopro che si chiama Franco Aliberti, fa lo chef pasticcere dell’Osteria Francescana di Massimo Bottura, sita in Modena, ed ha un passato di cuoco (tra le altre cose…) presso il Ristorante Vite di San Patrignano. Di quest’ultima esperienza a tutto tondo, umana e non solo professionale, parla, commosso e coinvolto, lo chef, durante la sua dimostrazione. Rimango ad osservare i suoi movimenti, studiati e attenti, nel preparare sul tavolo i suoi attrezzi, fialette, erbe aromatiche, e piccole ciotoline con pozioni (magiche?) e ingredienti perfettamente dosati. Lo vedo staccare pezzi di muschio dalle pareti per trasformarli in piccoli vassoi naturali. Salta subito all’occhio il suo sentirsi completamente a suo agio, in quell’ambiente verde.

La sensazione trasmessami da questa scenografia mi spinge a restare. Chiedo ad una gentile signora che si trova al mio fianco se sta avendo inizio una qualche dimostrazione culinaria e ho fatto proprio bingo!! Nel senso che la signora in questione è proprio la mamma dello chef che sta allestendo il tavolo. Mi racconta un po’ di cose di sé, di suo figlio, della campagna, di Pompei (dove vive), mi chiede della mia vita e io le racconto della mia passione per la cucina e la scrittura: insomma ci intratteniamo in un piacevole dialogo in attesa che Franco inizi a mostrarci la sua arte.
Alle 14.30 si parte con l’esibizione. Prima però, Franco chiede al pubblico il permesso di togliersi le scarpe, per godere del contatto con il prato: una scelta di libertà e di benessere che fa sorridere e intenerire tutti.
Questa sua attrazione verso tutto ciò che è naturale, emerge anche dalla risposta che dà ad una mia domanda:
“Franco, ricollegandomi al titolo della manifestazione che è “Ognuno è ciò che ricerca” volevo chiederti che cosa ricercavi, tu, all’inizio del tuo cammino professionale, e che cosa invece hai trovato, senza che tu lo stessi cercando?”
Sul primo quesito mi risponde, sicuro, che lui ha sempre cercato il contatto con la Natura e su questo basa la  sua filosofia mentre elabora e crea i suoi piatti. Quanto al secondo, raccontandoci un episodio in cui doveva creare delle bolle di sapone “alimentari”, ci fa intuire che ciò che trova e che affronta ogni giorno, anche in cucina, sono delle sfide, da affrontare con creatività, curiosità e pazienza.
I due dolci illustrati sono molto scenografici e anche molto buoni. Il momento della degustazione lascia tutti senza parole, con gli occhi che trovano appagamento prima ancora delle papille gustative. Eh sì…perché i dolci preparati dallo chef sono opere d’arte, non solo del gusto.
Il modo in cui sono presentati è sublime: uno (il Monte Bianco) adagiato sopra un cucchiaio, a sua volta appoggiato su un piccolo vassoio di legno (perché, come spiega Franco, è importante anche la superficie dove si appoggiano le pietanze. Perché un cibo lo si possa vedere, sentire, e poi assaggiare, appagando tutti i sensi) e l’altro (l’Hurricane) un cilindro di sfoglia con il cuore di fragola, (fortemente) svettante su un piccolo (e fragile) vassoio di cartone (quasi a simboleggiare la forza naturale dell’uragano rispetto alla fragilità umana).
Non sono solo piatti da mangiare: sono esperienze. Il Monte Bianco è una sorta di scalata ideale verso la cima di una montagna, iniziando la camminata dalla morbidezza della mousse di castagne, per farsi poi sorprendere dalla freschezza delle erbe (appunto di montagna),  e infine lasciarsi travolgere da una valanga di mousse dolce, resa croccante da cialdine di meringata e biscotto croccante.
L’Hurricane è invece il dolce che racchiude in sé sia il fiore all’occhiello dello chef (una sorta di biscotto di sfoglia caramellata), che il suo personale uragano emotivo, vissuto da quando è approdato al ristorante del grande Bottura. Il piacevole ripieno dell’hurricane è un cuore di fragola, a rappresentare la passione: per la cucina, la natura, la propria identità e la continua ricerca.
Sicuramente mi sono ritrovata per un giorno immersa in un ambiente a me congeniale. Pur non facendone parte è in mezzo alla creatività culinaria e alla natura che si rispecchia una (buona) parte di me.
Le altre (intendo le altre parti di me…) sono sempre alla ricerca di nuovi specchi in cui potersi riflettere…o meglio, in cui, potere spontaneamente esprimersi.
Ecco in uno scatto lo chef Franco Aliberti, con l'aiuto chef giapponese dell'Osteria Francescana.

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